10 agosto 1944, quindici partigiani italiani vengono
trucidati dalle SS, per umiliare ulteriormente i cadaveri, i nazisti li
espongono in Piazzale Loreto come spazzatura e con tanto di cartelli ignobili.
Perché quella strage? A distanza di più di settantanni
ancora non possiamo saperlo. Esistono varie tesi e ricostruzioni.
La linea partigiana, spiega che la strage avvenne per uno
scopo intimidatorio, i nazisti percepivano che la sconfitta era vicina e
volevano strada libera per un’eventuale ritirata. I partigiani parlano di un
“misterioso” attentato esplosivo ai danni di un camion tedesco in viale Abruzzi
77, che non causò vittime. Quest’attentato
diventò il pretesto per compiere l’eccidio con lo scopo di infondere terrore
fra gli abitanti milanesi, dissuadendoli da un eventuale rivolta civile.
Sull’Anpi si legge un elenco di fucilazioni nei mesi di
luglio e agosto, quattro per la precisione, che causarono la morte a diciassette
partigiani. Questo per spiegare che faceva parte di un disegno programmato, “una
scalata del terrore”.
Questa versione è combattuta da fonti opposte. Secondo le
quali prima dell’esplosione del camion tedesco il 9 agosto, già c’era stato un
attentato, molto più importante, quello che scatenò la strage successiva a
danno dei partigiani. L’8 agosto, quindi un giorno prima del camion esploso,
una bomba esplose in Piazzale Loreto, questa provocò la morte di cinque
tedeschi e tredici italiani.
In seguito all’attentato fu applicato il bando Kesseiring,
che prevedeva la morte di dieci italiani per ogni tedesco ucciso.
Entrambe le versioni non sono abbastanza chiare. Nella prima
non sappiamo precisare quanto i tedeschi avessero il timore di rimanere
intrappolati fra il Brennero e Milano, poiché servirono ancora molti mesi per far
capitolare i nazisti al nord. Inoltre mi sembra alquanto riduttivo definire certe esecuzioni fini al semplice scopo del terrore, per esempio l'eccidio di Robecco del 20 luglio avvenne per rappresaglia dopo uno scontro a fuoco nel quale rimase ucciso un ufficiale tedesco, invece fra i fucilati al Forlanini del 31 luglio ci fu un delitto eccellente, quello del giovanissimo Sergio Bassi, protagonista, assieme agli altri compagni gappisti, di alcuni sabotaggi e di due attentati, uno al capo dell'Ovra Ettore Salvatore e l'altro al questore Camillo Santamaria Nicolini.
Nella seconda versione invece, si parla di rappresaglia nazista, perché i
morti furono quindici anziché cinquanta se c'era da seguire il bando
Kesseiring? Eppure a Via Rasella le SS non si fecero scrupoli a fucilare 335
persone.
Chi sostiene dell’attentato partigiano, parla anche di
feriti, dove sono stati questi testimoni che avrebbero potuto far più luce su questa vicenda?
Mussolini fu informato dell’eccidio dal Prefetto Piero
Parini. In un colloquio con Rahn, il Duce si sfogò con queste parole: “I metodi
utilizzati dai militari tedeschi erano contrari ai sentimenti degli italiani e
ne offendevano la naturale mitezza”.
Mussolini si sbagliò due volte: una prima volta perché a
sparare sui quindici partigiani furono dei fascisti della legione Ettore Muti,
e una seconda volta perché a prendere a calci il suo cadavere otto mesi più
tardi furono sempre degli italiani.
I fascisti della Ettore Muti fucilarono i partigiani
eseguendo l’ordine di Saevecke, soprannominato in seguito come “il boia di
Piazzale Loreto”. Il boia fu condannato all’ergastolo nel 1999. Prima della
condanna, collaborò con i servizi segreti statunitensi, che gli permisero di
morire all’età di 93 anni come un uomo libero.