Livia Gereschi nacque a Pisa il 7 gennaio 1910.
Prima della seconda guerra mondiale era un insegnante
laureata in lingue straniere.
Quando i nazisti occuparono l’Italia, Pisa venne sfollata, così
Livia partì per Pugnano, dove era presente già sua madre. Molti sfollati,
compresa Livia, trovarono rifugio presso una stalla adattata come ricovero.
Quando i nazisti arrivarono nei pressi de La Romagna, cominciarono i
rastrellamenti, per scovare eventuali partigiani che potevano rendere
difficoltoso il loro transito.
Il rastrellamento coinvolse drammaticamente i rifugiati
della zona. Almeno trecento persone furono prelevate e portate a Forcetta. Tra
queste c’era anche Livia Gereschi.
In questo clima di morte emerse l’eroismo di Livia Gereschi.
Lei, che ben conosceva il tedesco, provò disperatamente a spiegare ai nazisti
che le persone prelevate non erano partigiani, ma civili comuni.
Livia ottenne la salvezza per molte donne e bambini, ma il
resto di loro fu portato a Ripafratta. I prigionieri subirono poi una
selezione, i più forti e adatti furono spediti nei campi di lavoro in Germania,
gli altri furono portati nella scuola di Nozzano.
La scuola elementare di Nozzano era un centro di tortura, i
69 prigionieri civili subirono quattro giorni di tortura.
Dopo le torture ci fu un ulteriore selezione, l’ultima per
alcuni, che vennero portati a morire presso il comune di Messarosa. Quell' 11 agosto 1944 tra i
fucilati c’era anche Livia Gereschi.